Un amico imprenditore, che da tempo s’è ritirato lasciando al nipote l’onere di proseguire nella conduzione dell’azienda, ci segnala i nomi di alcune imprese italiane che sono passate in mano a soggetti stranieri negli ultimi anni.
Veniamo così a sapere che prestigiosi marchi vendono i loro prodotto in Italia, ma fanno utili per azionisti esteri: Parmalat, Alitalia, San Pellegrino, Loro Piana, Pomellato, Fendi, Stellantis, Galbani, Invernizzi, Locatelli per la Francia; Telecom, Fiorucci, Carapelli, Star, Riso Scotti per la Spagna; Buitoni per la Svizzera; Santarosa, Algida per l’Inghilterra; Rex, Zoppas, Zanussi, Molteni per la Svezia; Valentino per il Qatar; Peroni per il Sudafrica; Gancia per la Russia; Ar Pelati per il Giappone; Chianti per la Cina; Safilo per l’Olanda; Coccinelle per la Corea; Lamborghini, Ducati per la Germania.
Probabilmente l’elenco potrebbe essere ancor più lungo, ma già questo dà l’idea del saccheggio a cui è stato sottoposto il nostro Paese.
Mentre gli italiani erano avvolti in un clima pesantemente ideologizzato con al centro questioni come lgbtq+, inclusione di immigrati regolari e non, diritti avulsi dai doveri, ritorno del fascismo e tutto quel bla bla inconcludente utile ad assopire le coscienze, sotto i loro occhi si demoliva e si localizzava altrove il tessuto produttivo che è la base della ricchezza di un Paese.
Se a questo si aggiunge che i vertici dell’attuale Amministrazione statunitense, per salvare la propria economia, hanno imposto di acquistare da loro, a costi superiori a quelli che avevamo prima della guerra in Ucraina, le fonti energetiche necessarie per mandare avanti le nostre industrie, si comprende perché l’Istat registri oltre 5 milioni di poveri in Italia.
Dispiace constatare che le rapaci e maldestre politiche dei fratelli maggiori americani hanno creato tanti problemi (e disgrazie) là dove hanno attecchito.
Se il presidente Joe Biden, che si dichiara cattolico, avesse onorato, nella sua azione politica, i valori della dottrina sociale cristiana, non ci sarebbero state né l’Ucraina, né Gaza e neppure quella scellerata globalizzazione che tanti guasti ha provocato facendo soffrire milioni di persone.
Un’Italia con l’apparato produttivo di cui disponeva fino agli inizi degli Anni Novanta, non ingabbiata in un euro che ha arricchito solo i tedeschi e ancora non sprofondata in un relativismo anticristiano, avrebbe potuto generare ammirevoli modelli di inclusione e di accoglienza di stranieri bisognosi. Impoverita com’è non ha potuto fare più di quello che ha fatto.
Le abissali differenze tra milioni di poveri e pochissimi ricchi dovrebbero preoccupare soprattutto questi ultimi.
I pupari dell’alta finanza mondiale, di Big Pharma, di High Tech, probabilmente ritengono che il cristianesimo sia una bella favola inventata dai preti. Affari loro. Restano comunque indelebili le parole di Gesù: «È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».
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